Home » Qualche mio articolo..

Qualche mio articolo..

LE REGOLE E BAMBINI - su NAAA NEWS

LE REGOLE E  BAMBINI - su NAAA NEWS - Studio di Psicologia Torino

LE REGOLE E I BAMBINI – I PARTE

di Mara Gallo, Psicologa psicoterapeuta Torino

Perché tutti i bambini hanno bisogno di regole e come coniugare affettività a normatività anche nelle vicende collegate a traumi e abbandoni, per costruire in maniera equilibrata la propria personalià.

" Vieni a giocare con me", disse la volpe, "non sono addomesticata".
"Ah! scusa ", fece il piccolo principe… soggiunse: " Che cosa vuol dire addomesticare?" (…)
" E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…"
" Creare dei legami?"
" Certo", disse la volpe. " Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo."

(Il Piccolo Principe, A. De Saint Exupéry) 

Educare significa stabilire dei legami, come questo passaggio tratto da un noto libro ci fa notare. Il modo in cui aiutiamo un figlio a creare un rapporto con noi lo traghetta a stabilire un rapporto con il mondo e con gli altri. Educazione è relazione e non possono esistere dei modelli, né è nostra intenzione proporne. Essere genitore, come si dice, è un mestiere che si apprende cammin facendo, tollerando di essere, nella pratica, apprendisti a vita.  In questa prima parte della nostra riflessione, che proseguirà nei numeri successivi, intendiamo condividere alcune idee che possano aiutare a coniugare affetto e regole, a fornire robustezza e sostegno ai bambini anche attraverso un sistema chiaro di significati e regole in cui i bambini, a maggior ragione se provenienti da situazioni difficili, possono muoversi con sicurezza.

Le regole infatti creano un sistema, un ambiente mentale chiaro, organizzato, prevedibile. E’ ciò che anche noi adulti cerchiamo di riprodurre quotidianamente nel mondo esterno. La stabilità che l’adulto rappresenta, tramite l’affetto e le regole, consente al bambino di intuire, percepire e infine interiorizzare un tipo di attaccamento ai genitori sicuro e un ‘ambiente’, nel senso più ampio del termine, sicuro. Questo è la base per la fiducia, per l’esplorazione, la futura curiosità e la ricerca attiva.

Con le regole il bambino incontra il mondo reale. Le norme sostengono empatia, socializzazione. Ricevere in maniera dosata e ragionevole dei ‘no’ aiuta a sviluppare le proprie risorse.  Ad esempio, un bambino piccolo che nel lettino che si sveglia, anche se non trova immediatamente la figura del genitore, il quale ovviamente poi arriverà, può imparare a sviluppare auto consolazione e a mettere le basi per la propria autonomia). Ricevere un ‘no’ sollecita a risolvere una situazione in modo creativo e a scendere a patti con la realtà, abituandosi a considerare l’altro e a saper attendere le proprie gratificazioni, imparando così anche a gustarsi la vita.

 Quindi le regole stimolano la possibilità di ricercare le proprie piccole grandi risorse, la fiducia in sé, la creatività e l’immaginazione. In sintesi affetto, regole e una dose adeguata di frustrazione sviluppano la mente e la creatività.

Non contenere o sgridare un figlio quando ciò è necessario significa essere ciechi di fronte ai suoi aspetti ombra, negativi, la parti di lui o lei che piacciono meno e abbandonarlo ad  affrontarli nella sua stessa solitudine. Il piccolo inconsapevolmente pensa: ‘Come posso pensare di essere amato per ciò che sono davvero?’.  I bambini che fanno i capricci, che vengono visti e contenuti anche in questi aspetti, possono invece pensare di essere amati globalmente per quello che sono. Questo è il motivo per cui, quando manca il limite che gli adulti dovrebbero rabbia, il campo viene invaso dalla rabbia. Infine, sempre su questa linea, la regola è una protezione per i bambini. Ritraducendo semplicemente il pensiero di un piccolo che non riceve regole potremmo scrivere: ‘Se chi mi vive accanto mi permette di comandare, di tiranneggiare, chi si assumerà la responsabilità? Chi mi proteggerà quando ne avrò bisogno?’. Per questo l’assenza di regole determina un senso di instabilità e insicurezza nei bambini.

Le attuali ricerche neurofisiologiche, per finire, hanno dimostrato che i bambini che seguono un buon sistema normativo hanno un’area parietale più sviluppata e una maggiore produzione di ossitocina eserotonina (i cosiddetti ormoni del benessere, che danno anche empatia). I minori senza freni mostrano un’area frontale più attiva collegata a una maggiore produzione di cortisolo (l’ormone dello stress, molto presente nelle situazioni negative, anche nei maltrattamenti).

Quindi cosa donano i genitori ai figli? Affetto, comprensione, regole e sostegno. Da ciò dipendono i limiti, il  rispetto di sé e dell’altro, l’autostima, ponendo al tempo stesso le basi per la mente, il pensiero, la capacità critica e fiducia in sé e nell’altro.

Dopo l’amore, la disciplina è il secondo regalo importante. Ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale, ma resta talvolta difficile capire come darla, proprio perché c’è nel concetto una parte che sottende sofferenza, frustrazione, fatica, lavoro.

Qualche decennio fa abbiamo disconfermato i vecchi modelli educativi basati su coercizione e punizione e stiamo ora raggiungendo nuovi modelli, costruttivi e positivi, attraversando tuttavia un vuoto educativo che ora ci impegniamo a colmare. Abbiamo vissuto un passaggio epocale, scardinando vecchi modelli nel vuoto immediato di nuove strategie educative. I bambini attuali inoltre sono diversi, più sensibili, più attenti, più critici, dotati di senso della giustizia, attenti al comportamento di ogni adulto . 

Nella prossima edizione del giornalino vorrei condividere come è possibile essere genitori non autoritari, ma  autorevoli, che possono osservare, cogliere le sfide e le provocazioni dei figli, contenere attraverso un sistema chiaro di norme e un atteggiamento stabile e affettivo, integrando regole, rispetto e collaborazione, valori importanti per gli adulti del futuro. 

LE REGOLE E I BAMBINI - II PARTE NAAA NEWS

FASCE D'ETA' E STILI EDUCATIVI 

Le regole e i bambini – II parte

di Mara Gallo, Psicologa psicoterapeuta Torino

 

Continuiamo il discorso dell’educazione e delle regole necessarie come base per la comunicazione, la costruzione dei limiti e della personalità dei bambini.

Quando iniziamo a dare limiti e regole ai figli? Fin da piccolissimi o comunque fin da subito. Il modo in cui offriamo la regola, anche avendo in mente bambini che hanno in sé traumi abbandonici, è ciò che fa la differenza. Soprattutto nel caso di dei bambini adottivi, tutto il sistema di regole si deve connettere infatti all’interiorizzazione del rispetto, che spesso il bambino non ha ricevuto, della fiducia reciproca che deve essere prima stabilita per potersi poi ‘affidare’ a un adulto e al suo sistema di vita. E che spesso, man mano che l’attaccamento si sviluppa, proprio questa fiducia verrà più volte ‘testata’, anche attraverso trasgressioni e provocazione, per vedere l’effettiva tenuta della nuova famiglia. Per vedere se davvero quella famiglia sarà ‘per sempre’.

E’ importante che il genitore sviluppi la capacità di dire no reagendo in maniera adeguata, chiara ma accogliente. In ciò ogni bambino ci sollecita fin da subito. Ad esempio, i piccoli di un anno già esplorando i corpi (tirano capelli,  mettono le dita negli occhi) ci danno l’occasione per far capire loro in modo determinato ma tranquillo che ‘fa male’, contenendo magari le sue manine. Dai 16 mesi circa si possono normalmente verificarsi morsi e colpi ad altri bambini. Questo può essere un approccio per conoscere l’altro o una modalità di reazione allo stress delle prime interazioni. Tuttavia alcuni genitori si spaventano a queste manifestazioni del proprio figlio/a e hanno reazioni eccessive che spesso portano i piccoli a preoccuparsi del loro comportamento, ripetendolo ulteriormente per testare cosa accade o inibendolo. Ricordiamo che i più piccoli dipendono molto dalle reazioni dall’adulto di riferimento. Ciò è ben visibile quando cadono. Avrete notato che spesso, dopo una caduta, per prima cosa guardano mamma o papà. Se il genitore è calmo, loro si mostrano tranquilli. Se il genitore ha una immediata espressione spaventata, i bambini iniziano a strillare. Anche di fronte a queste manifestazione aggressive è importante esprimere una posizione chiara di contenimento, senza esagerazioni.

Dai 18-30 mesi emerge la prima spinta all’autonomia dei bambini, che si lega all’affermazione della loro personalità. Ben venga questa espressione (anche se ci mette in difficoltà)! Ecco in tutti i bambini la prima esplicita verifica dei limiti con occasioni di violento negativismo (cioè tutte le volte che i piccoli si oppongono dicendo ‘no!’), che spesso ci sembra un capriccio. L’impressione che si ha in questi casi è quella di entrare in un braccio di ferro con il figlio/a. I 18 mesi corrispondono anche al periodo in cui inizia l’interiorizzazione della disciplina. Quindi compaiono le classiche scene dei bambini che non solo dicono ‘no’, ma ripetono le regole agli altri, siano essi adulti e bambini, pretendendone il rispetto. Questo significa che essi stanno facendo proprio il sistema di regole. Il dire ‘no’ diventa infatti anche un’arma per il bambino, che così come riceve un limite, lo vuole interpretare e dare al prossimo. Questa è una espressione naturale di sé. Meno naturale per un bambino è percepire l’assenza di disciplina. In questi casi vediamo come essi costringano gli adulti con atteggiamenti sempre più provocatori a porre dei limiti, utilizzando morsi, comportamenti vietati, sfide e mostrando un atteggiamento inquieto e agitato.

Dai 3 a 6 anni possono diventare più frequenti gli episodi di rottura degli oggetti. Dopo i 4-5 anni i bambini imitano adulti, si ribellano a ‘fare/non fare’, scoprono che è eccitante fare da soli e per questo vorrebbero avere più autonomia e riconoscersi ‘grandi’. E così per tutta l’infanzia, finchè l’adolescenza non comporta di nuovo una messa in gioco della propria identità e indipendenza dal gruppo degli adulti.

 

Terminato questo inquadramento del perché dare regole e come sono vissute dai bambini nelle fasi evolutive, vediamo quali possono essere gli ‘stili educativi’ in cui collochiamo i limiti:

- Ansioso: un eccessivo accento sui limiti. Messaggio: ‘il mondo esterno è pericoloso’.

 - Protettivo: una esagerata attenzione alle regole e alla protezione. Messaggio: ‘da solo non ce la puoi fare’.

- Ipercritico: una tendenza a  ingigantire gli errori senza vedere le conquiste e le risorse del bambini. Messaggio ‘dovresti riuscire bene in tutto – perfezionista – ma fallirai’.

- Incoerente: tendenza a dare le punizioni base all’umore, al contesto, al timore di giudizi. Nessun messaggio chiaro, disorientamento del bambino.

- Autorevole: creare un sistema coerente e adeguato di regole e interventi per stimolare l’autostima del bambino. Messaggio: ‘ti vedo, ti aiuto a proteggerti, ce la farai’.

Pensate dunque a quanto comunichiamo nello stile in cui ‘offriamo’ un sistema di regole!! E dunque la prossima volta continuerò descrivendo alcune ‘buone pratiche’ per poter essere genitori autorevoli. 

LE REGOLE E I BAMBINI - II PARTE NAAA NEWS - Studio di Psicologia Torino

LE REGOLE E I BAMBINI - III PARTE ASCOLTO EMOTIVO

LE REGOLE E I BAMBINI – NAAA NEWS III PARTE 

COME COMUNICARE LE REGOLE AI BAMBINI - Di Mara Gallo, psicologo psicoterapeuta Torino

Dopo aver condiviso perché le regole sono necessarie e aver introdotto la definizione di autorevolezza, cioè di uno stile educativo che mira a far interiorizzare le regole sostenendo l’autostima del bambino, lo sviluppo delle doti di maturità, empatia, flessibilità, creatività, entriamo concretamente nei suggerimenti che ci arrivano da quella che viene definita educazione positiva, cioè che utilizza la motivazione (e non la minaccia o la punizione).

E’ importante stabilire un sistema di regole significativo nella vita familiare e sociale, ma non saturo di regole. Vale la regola del poche ma buone. Questo evita di collegare le regole all’umore del momento o alla stanchezza del genitore, creando una certa instabilità nell’ordine esterno che si cerca di offrire.  Ricordiamo inoltre che se l’adulto ha una reazione esagerata, dettata dal momento, su un comportamento poco significativo, il bambino probabilmente ripeterà ciò che ha fatto proprio per comprendere cosa ha innescato tale reazione e farà questo con ansia. Di conseguenza un comportamento futile può caricarsi di eccitazione/attesa e caricarsi di una compulsione, creando un circolo vizioso finalizzato a dominare l’ansia percepita nel piccolo.

Le regole dunque sono possibilmente chiare e non numerose. Devono essere dirette, chiare e concrete. I bambini non conoscono il linguaggio figurato o metaforico. Lo stesso vale per le domande retoriche: la frase, per fare un esempio, ‘Perché questa stanza è un disastro?’ non esprime un concetto chiaro fin dopo i 9-10 anni. Inutile irritarci quindi ancor di più se un bambino piccolo risponde con un’espressione ulteriormente interrogativa. Dobbiamo allenarci a dare le regole in positivo (‘Fai, comportati, sii buono, ascoltami…’). Solitamente usiamo il ‘NON’.. ‘Non fare, non versare, non dire, non mi stai ad ascoltare’.. il nostro cervello però funziona in un modo particolare. Non concepisce la negazione se prima non ha visualizzato ciò che dovrà negare. Se un amico vi dice: ‘Non pensare a un piatto di spaghetti’, ciascuno di noi avrà visualizzato la cosa, per poi eliminarla. Lo stesso vale per i nostri cuccioli. Spesso dovranno provare ciò che stiamo negando loro, per poi controllare il proprio impulso. E infatti quante volte è capitato di vedere bambini fare immediatamente l’opposto, ovvero versare l’acqua, colpire l’amico ecc.. L’allenamento per imparare a comunicare la regola in positivo è lungo e impegnativo. Ma è importante concepire con naturalezza anche frasi come: ‘Cosa ne pensi di posare il bicchiere sul tavolo?’, anziché ‘Non versarlo’. Con i più piccoli si può usare anche la prima persona plurale: ‘Ora noi posiamo sul tavolo il bicchiere’. Inoltre, quando chiediamo loro che apprendano un nuovo compito, dobbiamo essere presenti con lui/lei all’inizio e farlo insieme. Ricordiamo che ogni genitore è dentro le regole, i premi e le punizioni dei figli, con la presenza e la stessa fatica.  Un modo, crescendo, per abbassare la difese verso le regole, consiste nel comunicare gentili richieste e non ordini, trasmettendo così anche il rispetto reciproco. Di base ricordiamo che ogni bambino, talvolta anche se grandicello, può sentirsi a disagio negli ambienti o nelle situazioni nuove. E’ consigliabile sempre anticipare e condividere cosa ci si appresta a fare e quale comportamento ci si attende in quella nuova occasione. Si possono anche usare delle storie per questo scopo. Man mano che il bambino cresce è opportuno osservare se può effettivamente organizzare la sua condotta in diversi ambienti o diversi ambienti o se resta confuso.

Inoltre, per spiegare una regola bisogna essere concreti, non teorici o generici ‘Non sta bene, non si fa’.  E aggiungerei senza utilizzare i sentimenti (‘ho paura che tu cada..’), perché appartengono solo a chi li prova e creano preoccupazione, ma non aiutano a comprendere una regola. Ricordiamo che il non verbale deve essere sempre coerente. A volte più di molte parole può valere notare i buoni effetti a cui il rispetto di una regola ha condotto. Ad esempio, in occasione della nanna si può condividere: ‘Hai visto che ora che ti sei lavato come ha chiesto la mamma abbiamo il tempo per una bella fiaba e poi ci godiamo un buon sonno?. In questo modo il bambino interiorizza da sé gli effetti e il senso della regola e si sente rinforzato. Promuoviamo sempre tutto con il buon esempio.

Dopo aver comunicato adeguatamente una regola, se vediamo che il bambino rimane in un atteggiamento oppositivo, possiamo sostenere l’ascolto emotivo. Comunicare, cioè, che comprendiamo il suo stato d’animo, nominandolo chiaramente, ma rinforzando la regola senza cambiare idea. Questo può essere accompagnato a un contenimento fisico profondo ed empatico. La comprensione di solito allevia la resistenza perché il bambino si sente compreso. A volte si oppone perché si sente trascurato e ricerca attenzione. Invece può sentire contenimento, ma anche attenzione, e di conseguenza può rinforzare il senso del proprio valore. La comprensione emotiva non è una panacea, né è immediata, ma pone in evidenza il riconoscimento della piccola persona che abbiamo di fronte, ed è quindi profondamente riparativo, soprattutto considerando i bambini che hanno delle ferite. A volte lascia emergere le altre e più profonde tensioni. E’ importante quindi con pazienza osservare i bambini e i loro bisogni.  Dopo questo passaggio, l’educazione positiva ci descrive un’altra carta da giocare, ovvero il sistema di ‘motivazione’. Un sistema basato sulla punizione porta a celare gli sbagli, a sentirsi in colpa e cattivi, senza poter rivedere e imparare dal proprio comportamento. Motivare significa imprimere una spinta. Quale è allora la migliore motivazione? Non un acquisto o un giocattolo, ma qualcosa che faremo con lui/lei, del tempo insieme, l’attività preferita con voi.

Se dopo aver proposto positivamente e con gentilezza una regola o una richiesta, dopo aver ascoltato, proposto una ricompensa, il bambino ancora permane in uno stato oppositivo, può essere necessario ripetere in modo risoluto ma calmo, eventualmente utilizzando un momento di pausa, che non deve essere vissuto come una punizione o un abbandono.  Ovviamente la parola punizione ci appare sgradita, soprattutto pensando ai trascorsi che alcuni bambini adottivi possono avere. Per questo un intervento dell’adulto non deve mai creare risentimento, umiliazione, vergogna, paura, timore di abbandono.

Di solito quando i bambini rifiutano limiti e regole? Quando hanno bisogno di ascolto e di attenzione; vogliono esprimere una preferenza (e quindi provare la loro personalità); quando sono stanchi o in momenti fisici particolari; quando le routine sono cambiate; quando hanno bisogno di tempo (non pronti per la situazione); quando sono iperstimolati, sotto stress o turbati. Non dimentichiamo inoltre che I bambini esprimono il comportamento provocatorio proprio nell’ambiente più sicuro (e dunque in famiglia), anche se ciò frustra il desiderio di essere un buon genitore.

Ora cosa pensate dell’educazione positiva? In queste tre puntate l’intenzione è stata di descrivere un modello per riflettere su come utilizzare la comunicazione empatica ed emotiva verso il bambino, attraverso cui passa il suo riconoscimento. E’ quindi possibile introdurre la regola, che è anzi necessaria, perché esprime attenzione al bambino e al suo benessere, coniugandola con un momento di ascolto e comprensione emotiva, che significa vedere il bambino, riconoscerne con profondità e genuinità lo stato d’animo, senza farci manipolare da questo. A volte si sbaglia o si ha paura di sbagliare, ma il vero danno è non fare nulla per paura di fare qualcosa di sbagliato. Come genitori sperimentiamo, tentiamo e apprendiamo e anche come genitori adottivi dobbiamo integrare la possibilità che si possa sbagliare per apprendere. I genitori perfetti sono un modello inarrivabile e schiacciante. Accogliere una quotidianità in cui i dubbi educativi alternati alle certezze comunicano affidabilità, fiducia nel farcela, ricerca di significati nuovi, disponibilità a mettersi in gioco, a comprendere e apprendere, affrontando la problematicità delle singole situazioni, è il miglior esempio per i figli per mostrare che essi possono avere altrettanta fiducia e speranza in se stessi. Educare è quindi relazione, interazione, osservare le reazioni dei bambini per comprendere. E questo rappresenta un modello genitoriale solido, positivo e anche riparatorio.

 

LE REGOLE E I BAMBINI - IV PARTE NAAA NEWS

LE REGOLE E L'ASCOLTO EMOTIVO

 

Di Mara Gallo, psicologo psicoterapeuta Torino.

Cosa accade se, dopo aver comunicato adeguatamente una regola,  vediamo che il bambino rimane in un atteggiamento oppositivo? Abbiamo ancora una carta da giocare, possiamo mettere in atto l’ascolto emotivo. Comunicare, cioè,  al bambino che comprendiamo il suo stato d’animo, magari nominandolo chiaramente rinforzando la regola senza cambiare idea (‘Capisco che sei arrabbiato, o sei deluso.. però adesso …). Questo può essere accompagnato a un contenimento fisico profondo ed empatico. La comprensione di solito allevia la resistenza perché il bambino si sente accolto e riconosciuto, nota che non è svalutata la sua personalità e che le sue emozioni hanno valore e sono rispecchiate. A volte infatti si oppone perché si sente trascurato, invaso dalle esigenze degli adulti, perché sente minacciato o schiacciato il suo valore, perché ricerca attenzione. In questo modo può invece sentire contenimento, ma anche attenzione, e di conseguenza può rinforzare il senso del proprio valore. La comprensione emotiva non è una panacea, né è immediata, ma pone in evidenza il riconoscimento della piccola persona che abbiamo di fronte, ed è quindi profondamente riparativa se praticata con costanza, soprattutto considerando i bambini che hanno delle ferite. A volte questo genere di intervento di ascolto emotivo lascia emergere le altre e più profonde tensioni. E’ importante quindi con pazienza osservare i bambini e i loro bisogni.

Dopo questo passaggio, l’educazione positiva ci descrive un’altra carta da giocare, ovvero il sistema di ‘motivazione’. Un sistema basato sulla punizione porta a celare gli sbagli, a sentirsi in colpa e cattivi, senza poter rivedere e imparare dal proprio comportamento. Ovviamente la parola punizione ci appare sgradita, soprattutto pensando ai trascorsi che alcuni bambini adottivi possono avere. Per questo un intervento dell’adulto non deve mai creare risentimento, umiliazione, vergogna, paura, timore di abbandono. Motivare significa imprimere una spinta ed è la soluzione opposta alla punizione o alla minaccia. Quale è allora la migliore motivazione? Non un acquisto o un giocattolo, ma qualcosa che faremo con lui/lei, del tempo insieme, l’attività preferita con voi.

Se dopo aver proposto positivamente e con gentilezza una regola o una richiesta, dopo aver ascoltato, proposto una ricompensa, il bambino ancora permane in uno stato oppositivo, può essere necessario ripetere in modo risoluto ma calmo, eventualmente utilizzando un momento di pausa, che non deve essere vissuto come una punizione o un abbandono.

Di solito quando i bambini rifiutano limiti e regole? Quando hanno bisogno di ascolto e di attenzione; vogliono esprimere una preferenza (e quindi provare la loro personalità); quando sono stanchi o in momenti fisici particolari; quando le routine sono cambiate; quando hanno bisogno di tempo (non pronti per la situazione); quando sono iperstimolati, sotto stress o turbati. Non dimentichiamo inoltre che I bambini esprimono il comportamento provocatorio proprio nell’ambiente più sicuro (e dunque in famiglia), anche se ciò frustra il desiderio di essere un buon genitore.

Ora cosa pensate dell’educazione positiva? In queste quattro puntate l’intenzione è stata di descrivere un modello per riflettere su come utilizzare la comunicazione empatica ed emotiva verso il bambino, attraverso cui passa il suo riconoscimento. E’ quindi possibile introdurre la regola, che è anzi necessaria, perché esprime attenzione al bambino e al suo benessere, coniugandola con un momento di ascolto e comprensione emotiva, che significa vedere il bambino, riconoscerne con profondità e genuinità lo stato d’animo, senza farci manipolare da questo. Il sistema di regole deve essere chiaro, stabile, semplice e coerente. A volte come adulti si sbaglia o si ha paura di sbagliare, ma il vero danno è non fare nulla per paura di fare qualcosa di sbagliato. Come genitori sperimentiamo, tentiamo e apprendiamo e anche come genitori adottivi dobbiamo integrare la possibilità che si possa sbagliare per apprendere. I genitori perfetti sono un modello inarrivabile e schiacciante. A volte se pretendiamo perfezione da noi stessi, la richiediamo anche ai figli. Accogliere una quotidianità in cui i dubbi educativi alternati alle certezze comunicano affidabilità, fiducia nel farcela, ricerca di significati nuovi, disponibilità a mettersi in gioco, a comprendere e apprendere, affrontando la problematicità delle singole situazioni, è il miglior esempio per i figli per mostrare che essi possono avere altrettanta fiducia e speranza in se stessi, anche affrontando con fiducia gli errori. Educare è quind esempio,  relazione, interazione, osservare le reazioni dei bambini per comprendere. E questo rappresenta un modello genitoriale solido, positivo e anche riparatorio. Perché ricordiamo che la chiave di tutto è l’attaccamento e anche attraverso il sistema di regole, comunicate e proposte nel giusto modo, possiamo proporre un modello e un riferimento per un attaccamento solido , stabile, coerente.